Breda: quando la fabbrica fu usata come luogo di internamento

Andando dietro alla scuola Marelli e proseguendo verso i negozi come Pittarosso, li dietro è possibile vedere ancora delle testimonianze architettoniche del passato, un passato duro come quello della Seconda Guerra Mondiale.

Il primo dicembre del 1937, la Società Ernesto Breda per Costruzioni Meccaniche acquisì un terreno di oltre 60 ettari e in dodici mesi realizzò lo stabilimento industriale progettato dall’Ing. Fantina in stile razionalista, con una superficie di circa 200.000 mq. di terreno completamente cintato, di cui circa 65.000 mq. erano coperti da strutture di cemento armato.

Gli edifici, di varie lunghezze e larghi 24 metri in due campate uguali affiancate, furono progettati per integrarsi con il territorio circostante e furono illuminati con luce naturale tramite grandi finestroni laterali.

Lo stabilimento fabbricava armi automatiche di medio e grosso calibro, diverse armi antiaeree per la marina e l’esercito, cannoncini e mitragliatrici.

Una cosa interessante era la presenza di rifugi antiaerei che si estendevano per una lunghezza di oltre 1.800 metri ed erano in grado di contenere il personale che lavorava nello stabilimento, con gli ingressi posizionati vicino ai capannoni e le prese d’aria nelle aiuole circostanti.

Le case che vediamo oggi furono realizzate per accogliere gli operai e agli impiegati. Infatti le case erano separate a seconda del tipo di lavoro che le persone facevano all’interno della fabbrica

Nonostante alcune modeste modifiche e integrazioni, il complesso conserva ancora la sua struttura originale, con il muro di cinta e i capannoni dell’epoca.

Durante l’occupazione nazista, parte della fabbrica viene requisita per creare due campi molto diversi tra di loro. Uno dei campi era dedicato agli sfollati, spesso provenienti dalle zone centrali di Roma dove avvenivano imponenti opere architettoniche. Inizialmente erano “ospitati” in uno dei capannoni della fabbrica ma successivamente furono avvicinati alle case di villaggio Breda. Mettiamo le virgolette perché queste persone erano state comunque cacciate dalle loro case per far sì che il regime fascista costruisse cose come via della Conciliazione.

Un capannone di tutto altro genere, e che sembrerebbe essere l’ex magazzino 19, fu invece utilizzato come campo di internamento dove venivano stipate persone provenienti da tutta Italia ma particolarmente da Roma e dintorni ed erano ebree, oppositori, artisti et.. Chi ha vissuto in quel periodo a Villaggio Breda vedeva arrivare un numero impressionante di persone ogni giorno ma non ne sapevano il perché. Erano talmente tante da non poter più contare quante erano.

I prigionieri erano costituiti da uomini abili al lavoro e giovani che venivano rastrellati a Roma e dintorni. La vigilanza sui campi era affidata agli uomini della Polizia dell’Africa italiana e in alcuni casi ai soldati della Werhrmacht, con la supervisione delle spietate Ss.

L’area delle industrie Breda ora è riqualificata ma è ancora possibile vedere delle parti ancora intatte. Basta guardare i tombini che hanno ancora la scritta Breda

Per chi volesse approfondire, questi eventi sono descritti nel libro “Tutte le cose impossibili diventano possibili . Antonio Ambroselli: l’uomo, il finanziere, l’eroe”, scritto dal capitano Gerardo Severino, direttore del museo storico e caposezione dell’ufficio storico della Guardia di Finanza.

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fonte: web